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MAR

Cinque pezzi di arredamento di modernariato da conoscere

Ho sempre avuto una passione smodata per il modernariato: gli oggetti che hanno un vissuto mi hanno sempre affascinato.

Molto spesso compro articoli di design anni ’50, ’60 e ’70 (i miei preferiti) e adoro immaginare le loro storie, che li hanno portati sino a me, con i loro graffi e le loro imperfezioni.

Tra tutti quelli che conosco, esistono però 5 pezzi di arredamento che tutti dovrebbero conoscere e amare, come li amo io.

Andiamo a scoprirli!

 


 

BOBY DI JOE COLOMBO

Joe Colombo ha disegnato questo carrello per Bieffeplast negli anni ’70. È realizzato in plastica e ha tre cassetti girevoli nella parte superiore. Lo adoro perché si può abbinare in qualsiasi ambiente: nella cameretta dei bimbi per conservare mattoncini LEGO, in cucina come porta utensili, in bagno per i trucchi o, come me, per conservare i miei vecchi pennini a inchiostro e normografi.

Mio padre me lo regalò, infatti, insieme al mitico tecnigrafo (di quest’ultimo ve ne parlerò in un prossimo post) per riporre in ordine tutti i colori, squadrette e fogli nei primi anni dell’università.

Se ve lo state chiedendo, la risposta è sì: quando ho cominciato l’università non si disegnava al PC, ma ancora a mano…


 

SCRIVANIE DI GIÒ PONTI

Che siano di design snello e quasi monacale oppure più imponenti, come quella di cui vi posto la foto, le scrivanie disegnate da Giò Ponti negli anni ’50, soprattutto per uffici, sono davvero meravigliose.

Nonostante le loro dimensioni, a volte davvero grandiose, riescono a mantenere una leggerezza unica: sarà per le linee affusolate o per gli appoggi smussati, ma io trovo i suoi arredi eleganti in qualsiasi contesto, e soprattutto senza tempo.


 

TAVOLO TULIP DI SAARINEN

Quante volte lo avrete notato nelle serie TV o nei film? Moltissime!

È uno dei pezzi iconici e più desiderati di modernariato, assieme alle sue sedie: fanno parte tutte, infatti, della serie Pedestal.

La particolarità? Sono tutti con una gamba sola!

Oggi potrebbe sembrare quasi banale, ma non nel 1950, quando i tavoli e le sedie avevano “solo” quattro gambe.

Un piccolo aneddoto legato a questo splendido oggetto del desiderio: durante la fase di progettazione del Tulip, Saarinen prima riempì un’intera parete di schizzi, poi riprodusse un modello di stanza in scala per una casa di bambole.

Se ci riflettete bene, infatti, come non pensare alla mitica bambolina che tutti abbiamo posseduto, e alla sua casa con ascensore, guardando questo tavolo?


 

POLTRONA UP5_6 DI GAETANO PESCE

La poltrona, per giunta comodissima, fu disegnata nel 1969 da Gaetano Pesce per B&B Italia e rappresentava una vera e propria innovazione non solo per la forma “fuori dagli schemi”, ma soprattutto perché è stata creata attraverso un processo di produzione innovativo, che ha permesso a Pesce di dare forma e colore alla seduta direttamente nel momento in cui il materiale si espandeva.

La poltrona si accompagna a un pouf rotondo, legato con un filo alla sua struttura.

Il significato? Ce lo spiega direttamente il suo creatore:

 

“In quel momento io raccontavo una storia personale su quello che è il mio concetto sulla donna: la donna è sempre stata, suo malgrado, prigioniera di sé. Così mi è piaciuto dare a questa poltrona una forma di donna con la palla al piede, che costituisce anche l’immagine tradizionale del prigioniero.”


 

PANTON CHAIR DI VERNER PANTON

Questa sedia dalle linee sinuose è stata disegnata da Verner Panton per Vitra.

È stata la prima seduta realizzata interamente con un unico foglio di plastica.

Nonostante sia in produzione dal 1967, solo a partire dal 1999 è stato possibile produrre la sedia seguendo alla lettera il suo progetto originario, in plastica durevole e tinta in massa, con una satinata finitura opaca.

La Panton Chair ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali di design ed è presente nelle collezioni di molti musei importanti.

La sua espressività l’ha resa un’icona del XX secolo.

Per il suo materiale resistente è adatta sia per gli interni che per gli esterni, ma ditemi: davvero lascereste un pezzo come questo sotto la pioggia?